Lavoro agile, smart working e telelavoro: le differenze

Lavoro agile, smart working e telelavoro - le differenzePer capire l’evoluzione normativa e i vantaggi (o gli svantaggi) legati che il lavoro da remoto comporta è importate capire il significato delle locuzioni utilizzate per definire le varie modalità di lavoro a distanza, distinguendo il “lavoro agile” e lo “smart working” dalla nozione di “telelavoro”.
Il telelavoro è la prima modalità a distanza disciplinata nell’ordinamento italiano.
Si tratta di una modalità di svolgimento dell’attività lavorativa in cui il lavoratore pattuisce di eseguire le prestazioni da un luogo esterno all’azienda, o comunque diverso dal luogo di esercizio del potere direttivo e di controllo del datore di lavoro, avvalendosi di un dispositivo mobile collegato con il sistema informatico aziendale.
Mentre nei rapporti di lavoro privato non esiste una disciplina legale e la regolamentazione è stata dettata dalla contrattazione collettiva, nella Pubblica Amministrazione il telelavoro è stato normativizzato a partire dall’articolo 4 della Legge 16 giugno 1998, n. 191, “allo scopo di razionalizzare l’organizzazione del lavoro e di realizzare economie di gestione attraverso l’impiego flessibile delle risorse umane”, e dettagliatamente disciplinato con il D.P.R. 8 marzo 1999.
Da queste disposizioni emerge come il telelavoro necessiti di un accordo tra le parti per l’inserimento della modalità nel contratto individuale di lavoro e come implichi una flessibilità spazio-temporale, realizzata grazie ad un supporto tecnologico per consentire il collegamento del lavoratore con l’Amministrazione.
L’Information and Communication Technologies è l’insieme dei sistemi di telecomunicazione che permettono agli utenti di creare, immagazzinare e scambiare informazioni.
Il dipendente in telelavoro è vincolato a lavorare da una postazione fissa e prestabilita, con gli stessi limiti di orario che avrebbe in ufficio, sotto la direzione ed il controllo del datore di lavoro.
Il carico di lavoro, gli oneri e i tempi della prestazione devono essere equivalenti a quelli dei dipendenti che svolgono la prestazione all’interno del posto di lavoro.
Il lavoro agile è disciplinato, dall’art. 18 della L. 81 del 22 maggio 2017, come una “modalità di esecuzione del rapporto di lavoro subordinato stabilita mediante accordo tra le parti, anche con forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi e senza precisi vincoli di orario o di luogo di lavoro, con il possibile utilizzo di strumenti tecnologici per lo svolgimento dell’attività lavorativa.”
È quindi evidente che questa a disposizione, a differenza del telelavoro, per il lavoro agile non sia più elemento qualificante l’utilizzo dell’ICT né la predeterminazione di luoghi e orari di lavoro.
La disciplina è applicabile anche al lavoro alle dipendenze della P.A., non prevede infatti alcun vincolo se non i limiti di durata massima dell’orario di lavoro giornaliero e settimanale derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva.
Fondamentale è la consensualità, l’accordo tra le parti, azienda e dipendente, nella ridefinizione flessibile delle modalità di lavoro e delle forme di esercizio del potere direttivo. Ciò su cui ci si focalizza è il raggiungimento di obiettivi e risultati.
Il presenzialismo e il controllo del datore di lavoro caratteristico del lavoro subordinato (e anche della modalità del telelavoro) subisce un ridimensionamento nella disciplina del lavoro agile, funzionalizzata alla responsabilizzazione del lavoratore.
Tutto ciò in coerenza con l’incipit dell’art. 18 della legge sopracitata, che vede la disciplina come volta ad incrementare la competitività e agevolare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, ponendo in capo al lavoratore obiettivi da raggiungere ma lasciandolo nella autonoma responsabilità di amministrare tempi e modi per conseguirli.
Spesso il lavoro agile è comunemente ma impropriamente chiamato “smart working”. Ciò è accaduto a partire da alcuni contratti collettivi ma è stato reso evidente in particolare nel periodo emergenziale dovuto al COVID-19: in tale contesto, il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, in un avviso, parlando di smart working ha ripreso la definizione di lavoro agile.
Con smart working si indica in realtà una filosofia manageriale, più ampia rispetto alla definizione legislativa del lavoro agile. Una filosofia fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati; un modo di concepire il lavoro che scardina consuetudini e approcci tradizionali consolidati, a partire dal “workplace change management”, un cambiamento organizzativo che passa anche attraverso la rivisitazione e la riprogettazione degli spazi nell’ottica dei principi di flessibilità, virtualizzazione e collaborazione tra persone.

Siti di riferimento: altalex

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