Evasione in Ue, pochi fatti

I leader europei sono tutti d’accordo che l’evasione fiscale va combattuta, ma non riescono ad andare oltre l’affermazione del generico principio, già difficilmente contestabile: ”Avrei voluto che fossero più espliciti e precisi”, lamenta il presidente della Commissione Ue Josè Barroso mentre i capi di Stato, da Hollande alla Merkel, plaudono ai ”progressi”, pur limitati, di un dossier che da anni era bloccato dalle resistenze di Austria e Lussemburgo.

Il vertice Ue appositamente convocato per affrontare il delicato tema della lotta all’evasione, raccoglie ”un ampio consenso sul principio dello scambio automatico di informazioni”, ha spiegato il presidente della Ue Herman Van Rompuy, più positivo di Barroso circa l’esito del vertice che lui stesso ha fortemente voluto.

Il progresso, secondo Van Rompuy e gli altri leader, è che per la prima volta anche Austria e Lussemburgo hanno deciso di unirsi al resto della Ue per combattere l’evasione attraverso nuovi strumenti come lo scambio automatico tra Stati di informazioni sui conti correnti. Vienna e il Granducato hanno dato così il proprio consenso a rivedere entro fine anno la cosiddetta “direttiva sulla tassazione dei risparmi”, in vigore dal 2005 ma che va rivista per estendere il suo raggio d’azione e tassare così anche fondi di investimento e pensione, nuovi strumenti finanziari e pagamenti effettuati attraverso trust e fondazioni.

Germania e Francia sono convinte che ormai il Lussemburgo e l’Austria, fino ad oggi strenui difensori della riservatezza sui dati bancari, abbiano definitivamente capitolato ed abbracciato la lotta all’evasione che l’Europa ha ingaggiato per recuperare il consenso dell’opinione pubblica dopo gli scandali di ‘offshore leaks’.

”La direttiva risparmi sarà adottata entro fine anno qualunque cosa succeda”, ha detto Hollande. ”Anche Austria e Lussemburgo si sono impegnati”, ha detto la Merkel. ”C’è un forte consenso politico tra i capi di Stato”, ha detto van Rompuy. Ma a sentire il premier del Lussemburgo Jean Claude Juncker, la partita non sembra affatto chiusa: ”Ci sarà lo scambio automatico delle informazioni qualunque cosa succeda a partire dal primo gennaio 2015” ma solo sugli ”interessi di risparmio”, mentre l’ estensione sugli altri tipi di redditi ”dipenderà dai negoziati con la Svizzera”, ha detto alla fine del summit.

Il lussemburghese ha così ricominciato a mettere paletti, e la sua apertura appare dunque solo parziale. Juncker vuole ”garanzie sui trust britannici, incluso il campo di applicazione territoriale alle colonie della Corona, e sulle fondazioni di altri paesi”, in particolare quelle olandesi.

Ovvero: se dobbiamo rinunciare al segreto bancario e rischiare di perdere clienti, ragiona Juncker, la stessa cosa deve succedere anche ai territori britannici d’oltremare cioè i noti paradisi fiscali come le Cayman, le Isole Vergini e Jersey.

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