L’Europa si affaccia sui mercati

L'europa si affaccia sui mercatiA prima vista potrebbe sembrare un elefante nella cristalleria. Un ospite ingombrante. Nella realtà sarà invece un gigante buono, che potrebbe aiutare il mercato obbligazionario europeo, i suoi investitori e Paesi come l’Italia. Da ottobre entra in campo quello che diventerà nell’arco di pochi anni il più grande emittente sovranazionale di obbligazioni al mondo: l’Unione europea. Presto Bruxelles dovrà infatti collocare bond per finanziare il fondo Sure, quello dedicato alla cassa integrazione: gli Stati europei hanno richiesto 87,4 miliardi di euro e la Commissione dovrà raccogliere questi fondi. Secondo quanto riferito in un convegno di Prometeia da Marco Buti, capo di Gabinetto del Commissario Gentiloni, Bruxelles da qui a fine anno dovrebbe fare due emissioni di bond da circa 10 miliardi l’una. Poi continuerà nel 2021. Ma piano piano, quando entrerà in azione anche il Recovery Fund, l’Unione europea dovrà fare molto di più: entro il 2026 secondo le stime di Ubs dovrà emettere titoli per circa 800 miliardi di euro. Se fino ad oggi si è discusso degli investimenti da finanziare coni programmi europei, c’è insomma un aspetto rimasto in secondo piano ma molto rilevante: il fatto che l’Unione europea debba emettere così tanti titoli obbligazionari in così poco tempo potrebbe portare molti benefici sul mercato (soprattutto per i Paesi più indebitati), potrebbe aiutare banche, assicurazioni e intermediari finanziari a rispettare con costi più bassi non pochi requisiti regolamentari e potrebbe togliere pressioni sul Bund tedesco. Insomma: l’Unione europea potrebbe aiutare a “depressurizzare” il mercato dei bond del Vecchio continente. Ecco perché.
Meno pressione sul Bund
Attualmente il Bund tedesco decennale sul mercato offre un rendimento di -0,54%. Questo significa che gli interessi non li paga la Germania agli investitori, come dovrebbe essere, ma viceversa: Berlino si indebita e ci guadagna. Questo fenomeno (comune ormai a molti Stati) è dovuto alla politica monetaria dei tassi sotto zero, all’inflazione inesistente, alla crisi, al fatto che il Bund è il principale asset sicuro e liquido in euro. Ma la domanda di Bund è forte anche per motivi regolamentari. E questo è uno dei punti dove l’Unione europea, con la sua valanga di emissioni, potrebbe avere un ruolo lenitivo. Prendiamo le banche. Per essere in regola con il cosiddetto” liquidity coverage ratio” (un parametro che assicura un adeguato livello di liquidità nei loro bilanci), quelle europee devono comprare e detenere titoli di alta qualità. Quindi devono tenere fermi nei bilanci molti bond, soprattutto governativi e simili ad alto rating. Per le assicurazioni le regole Solvency 2, pur in maniera diversa, arrivano allo stesso risultato: di fatto spingono le compagnie ad accumulare titoli di Stato ad alto rating. Ei più gettonati sono Bund tedeschi e OaT francesi. Ci sono infine le normative sui derivati introdotte post-Lehman. Per rendere più sicuro questo mercato, sono stati infatti introdotti i cosiddetti “margini iniziali”: cioè garanzie aggiuntive, rispetto a quelle che già esistono, nella contrattazione dei derivati. Di fatto, gli intermediari finanziari vengono costretti a mettere nel “congelatore” (a garanzia dei derivati stessi come «margine iniziale») una gran quantità di titoli: si stima che a livello globale si possa arrivare a bloccare qualcosa come 15mila miliardi di dollari di obbligazioni. E, all’interno dell’area euro, il titolo più gettonato per questo scopo è ovviamente il Bund tedesco. «Un insieme di normative ha creato una forte domanda, che continua a crescere, di titoli di elevata qualità -osserva Francesco Martorana, AD di Generali Insurance Asset Management -. Questo a lungo andare crea una distorsione sul rendimento del Bund». Insomma: se il tasso dei titoli tedeschi è così basso e se lo spread con i titoli italiani è così elevato, un motivo è anche questo. Ecco dunque che l’arrivo in campo di un emittente gigantesco come l’Unione europea, con 800 miliardi di euro di titoli a regime, può aiutare a diminuire la domanda regolamentare di Bund. Per un motivo banale: presto ci sarà un valido e liquido sostituto. «Il Bund dovrebbe aumentare un po’ il rendimento, almeno in termini relativi rispetto al tasso swap», osserva Antonio Cesarano, global chief strategist di Intermonte. Attualmente un Bund decennale offre infatti un rendimento inferiore al tasso swap, che rappresenta il vero rischio zero in Europa: venerdì lo spread tra i due era di circa 30 punti base. Quando ci saranno i bond europei, è verosimile che questo gap si riduca. Anzi: il calo è già iniziato da quando si è iniziato a parlare di Recovery Fund a maggio, dato che ai tempi il Bund rendeva 40 punti base in meno del tasso Swap, mentre ora “solo” 30.
Meno pressione sui BTp
L’altro effetto favorevole sarà sui titoli di Stato degli altri Paesi europei, soprattutto quelli più indebitati. «Gli 800 miliardi di euro di obbligazioni dell’Ue sostituiranno le emissioni degli Stati membri, riducendo così in modo significativo l’offerta proveniente dai Paesi maggiormente indebitati osserva Matteo Ramenghi, chief investment officer di Ubs Wm in Italia -. Ne consegue che questi Paesi beneficeranno di un costo del debito considerevolmente inferiore». Anche questo effetto già si vede: proprio venerdì, anche grazie all’effetto Recovery Fund (non solo), i BTp decennali hanno visto scendere il rendimento al minimo storico. Un effetto positivo sui BTp potrebbe arrivare anche dal fatto che il mercato percepisce questi fondi europei come un “collante” dell’Unione, riducendo dunque il rischio tanto temuto dagli investitori che l’Italia o un altro Paese possa uscire dall’euro.
Quali tassi per gli Ue-bond? In realtà l’Unione europea già emette obbligazioni. Per piccoli importi, ma è già presente da tempo sul mercato dei bond. Ieri un suo bond decennale rendeva sul mercato -0,18%, più del -0,54% del Bund tedesco. Questo perché l’Unione europea non è uno Stato. La differenza è enorme: mentre uno Stato ha la possibilità di attingere alle proprie risorse finanziarie nazionali, l’Unione europea è ancora limitata dagli impegni dei Paesi membri nei confronti del proprio bilancio. Dunque i suoi bond hanno rating «Tripla A», ma rendimenti più elevati rispetto a quelli dei Bund. E questo è un altro elemento che potrebbe renderli un po’ più appetibili dei titoli tedeschi. «I bond quasi governativi sono attraenti per gli investitori, perché sono ad alto rating ma offrono rendimenti più elevati rispetto ai titoli di Stato», scrivono gli analisti di Generali Insurance Am.

Fonte: Il sole 24 ore

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